
E' sbagliato sentirsi così, vero?
Quante volte questa domanda, durante i colloqui, spesso in riferimento a quello che si prova. “Lo so che è brutto ma sono invidiosa”
“È sbagliato che mi senta arrabbiata?”
“Mi faccio schifo ma sono geloso.”
“Ho paura e non va per niente bene!” Ebbene, come si sta e ciò che si prova non è mai -sbagliato-! Il punto è questo: -si può!- provare rabbia perché il nostro bambino non ci fa dormire, -si può!- provare invidia per chi è riuscito in un battibaleno a diventare genitore se

In cosa sei esperta?
In cosa sei esperta?
Ansia? Attacchi di panico? Disturbi alimentari?
Spesso me lo domandano.
Qual è il tuo cavallo di battaglia? Nessuno. Nulla in particolare.
Forse perché, alla fin fine, il sintomo per me non è così importante. Non è il sintomo quello che ci differenzia gli uni dagli altri. Non è il sintomo quello che ci caratterizza. Noi non siamo il nostro sintomo, o la nostra malattia. Non ho delle formule magiche per togliere i sintomi in poche sedute, e nemmeno mi int

Nessuno mi può aiutare
“Nessuno mi può aiutare” A volte è vero, non c'è una soluzione, da certe situazioni non c'è una vita d'uscita, certi dolori non sono evitabili. Si può solo imparare l'arte dello stare, la saggezza dell'accettare, il dono del trasformare. Eppure.
Non significa affatto che chiedere aiuto sia inutile.
Nessuno ti potrà salvare, ma qualcuno ti può capire.
Puoi trovare qualcuno disponibile a stare nell'impotenza con te. Abbiamo bisogno degli altri per non aggravare quel dolore di u

Bambini e domande scomode
A proposito delle domande scomode che fanno i bambini, vi riporto un racconto, per tenere ben presente una cosa: che è molto, molto importante non lasciarle cadere nel vuoto.
Provate a mettervi nei suoi panni.
Buona lettura. "L’atmosfera tesa, da giorni.
Silenzi, sbuffare, qualcuno che parla al telefono con un’espressione preoccupata.
Li guardo, cerco di capire, con la scusa della palla che è rotolata fino a lì cerco di captare qualcosa dalle loro conversazioni in cucina, ma

Sei il fratello "semplice"?
"Siblings": con questo termine spesso ci si riferisce ai fratelli/sorelle di bimbi con una qualche disabilità. Bimbi che spesso portano con sé una grande fatica e altrettanta sofferenza, per la loro complicata storia di vita, per il loro spazio un po' risicato, spesso sottoposti a stress continuo. Ampliando il discorso, devo dire che diverse volte in questi anni di professione ho avuto a che fare con i fratelli “più facili”. Quelli che, diversamente dagli altri, non hanno avu

Conclusioni affrettate
Ve li ricordate i False Friends? Mi è sempre rimasto molto impresso fin dalle elementari questo fatto che ci sono delle paroline inglesi che sembrano semplicissime da tradurre poiché assomigliano tanto ad una parola italiana ("parents" vorrà dire "parenti", no?), e invece no, significano altro. Anche tra i nostri comportamenti, pensavo stamattina, ci sono i false friends. Quei comportamenti che a un occhio disattento fanno trarre conclusioni facili, ma affrettate. Le sonore r

Hai ragione, ho sbagliato!
-Secondo te come mai hai avuto voglia di scrivergli un messaggio dopo tutto questo tempo? -Eh, in effetti hai ragione, ho sbagliato!! -Chi ha parlato di “sbagliare”? Questo mi succede tutti i giorni: che una richiesta di dare un senso a qualcosa, agli occhi di chi si giudica, sia vissuta come un giudizio. E questo è un grande lavoro da fare insieme nella stanza della psicoterapia. Quello di trasformare la nostra immediata e pressante tendenza a ragionare in termini di giusto

Occuparsi di se stessi, che fatica!
-Eccomi qua finalmente, sto malissimo!-, mi disse quella ragazza che ricomparve all’improvviso dopo aver disdetto un paio di sedute. A volte pretendiamo di stare bene senza volerci prendere cura di noi. Capitano persone che chiedono aiuto, portando una grande sofferenza, ma che poi non riescono a prendersi un’ora (alla settimana) da dedicare a se stessi. Un po’ come se volessimo nutrirci senza mangiare, riposarci senza fermarci, curare un ginocchio correndoci sopra. E a volte

Giudicanti e giudicati
Un dito puntato verso di noi, un’espressione altera... ed è subito etichetta sulla fronte. Come se le parole maligne emesse dalla bocca di qualcuno (che spesso nemmeno conosce a fondo la situazione) riguardassero il giudicato e non il giudicante. Secondo me, invece, spesso l’etichetta la indossa chi giudica.
È chi giudica che sta mostrando qualcosa di sé, che si sta facendo conoscere per quella sua caratteristica fuorviante. In un modo ideale il giudizio è un boomerang che to

Libera la tristezza!
Ne parlavo proprio stamattina: spesso il problema non è la tristezza in sé, ma tutto il carico che ci si mette sopra. Che un conto è essere tristi, e un altro conto è essere tristi + giudicarsi perché si è profondamente convinti che sia sbagliato lasciarsi andare a quella roba lì. Così come è altrettanto complicato essere tristi + averne paura, “che magari non ne esco più e ci annego dentro”. Altra opzione (e qui vi becco in tanti): quelli che non va bene essere tristi, ‘che

Accettarsi è uguale a rassegnarsi?
A volte mi capita che qualcuno abbia paura che “accertarsi” significhi “fermarsi”, “accontentarsi”, forse perfino “rassegnarsi”. Mi spiego: c’è una paura irrazionale che se mettiamo a tacere il critico interiore allora poi ci rilassiamo troppo. Come se il cambiamento venisse dai “fai schifo”, come se le offese ci aiutassero a tirar fuori il meglio di noi. E come se uno sguardo benevolo e amorevole ci spingesse a mollare la presa. L’avete mai pensato? E invece le imposizioni (

"Da quando vai in terapia sei egoista!"
“Da quando vai in terapia sei egoista!” Vi è mai capitato che qualcuno ve lo dicesse? Ebbene, quando succede, in genere è un buon segno. Perché in terapia, quando le cose funzionano, si scopre finalmente di essere creature interessanti, degne della propria attenzione. Si impara la curiosità verso se stessi. Si diventa un argomento di conversazione, complesso e appassionante. Perché in terapia, spesso, si lavora sul mettere limiti agli altri, con l'intento di rispettare se ste