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Occuparsi di se stessi, che fatica!




-Eccomi qua finalmente, sto malissimo!-, mi disse quella ragazza che ricomparve all’improvviso dopo aver disdetto un paio di sedute.


A volte pretendiamo di stare bene senza volerci prendere cura di noi.

Capitano persone che chiedono aiuto, portando una grande sofferenza, ma che poi non riescono a prendersi un’ora (alla settimana) da dedicare a se stessi.

Un po’ come se volessimo nutrirci senza mangiare, riposarci senza fermarci, curare un ginocchio correndoci sopra.


E a volte si parte proprio dal di lì, con la terapia. Dal perché sia così difficile dedicare del tempo a se stessi, a cominciare dal tempo della terapia.

Nelle storie di ieri più del cinquanta per cento delle persone mi ha risposto che non riesce a ritagliarsi momenti rigeneranti.

Sicuramente la pandemia ha complicato ulteriormente le cose, e sicuramente questo discorso tocca anche aspetti sociali, culturali, familiari, organizzativi.

Ma io mi occupo degli aspetti intrapsichici e relazionali, soprattutto.

Io mi occupo della nostra vocina interiore che spesso ha un grosso peso nello stabilire le priorità e il tempo che ci possiamo dedicare.

Occuparsi di noi può voler dire rivedere le aspettative che abbiamo nei nostri stessi confronti: posso permettermelo se la mia performance sul lavoro oggi non è stata delle migliori? O se poi per cena poi devo ricorrere alla pizza congelata?

Ma può voler dire anche avere a che fare con il giudizio degli altri: cosa penseranno se oggi chiedo di uscire dal lavoro all’orario stabilito senza concedere lo straordinario? E se non rispondo al telefono di sera?

Inoltre, può voler dire delegare: non è che in fondo in fondo ho la sensazione che come faccio le cose io non le faccia nessuno?

Può voler dire mollare qualcosa: il controllo?

Può voler dire non occuparsi dell’altro: come la prenderà?

Può voler dire fermarsi e fermarsi può fare paura.


Occuparsi di noi può voler dire darsi la priorità rispetto ad altro, dare importanza a se stessi, ai propri bisogni, a quella “stanchezza” che spesso dietro quelle dieci lettere stra-abusate nasconde un mondo di frustrazione, preoccupazione, rassegnazione, rabbia.


Non è per niente facile, vero?



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